In un mercato in cui i tassi ufficiali sono nulli o negativi, il risparmiatore italiano, abituato fino a pochi anni fa ad investire – con un buon tasso di rendimento – sul free-risk, si trova “costretto” a cambiare le proprie radicate abitudini, cercando di guadagnare accettando un po’ di rischio. In un mercato estremamente volatile come quello degli ultimi 18 mesi, investire in borsa può costituire un buon coadiuvante all’interno dei propri asset finanziari, rispettando sempre una buona strategia di diversificazione degli stessi.
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In Borsa non si gioca, si investe
La parole “Borsa valori” e “azioni“, oggettivamente, creano diversi brividi lungo la schiena ai risparmiatori italiani, che – soprattutto a cavallo fra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio – hanno visto i propri risparmi andare in fumo a causa di bolle speculative (come quella sui titoli tecnologici e informatici) o clamorosi fallimenti (vedasi i famosissimi casi Cirio e Parmalat). Ma alcune convinzioni di ieri, quali, ad esempio, “aziende troppo grandi per fallire” oppure “la borsa può continuare solo a crescere”, sono ormai scemate nell’immaginario collettivo degli investitori, consapevoli dei rischi presenti sul mercato azionario.
Rischi, per l’appunto, che possono diventare delle opportunità, specie in un mercato laterale come quello attuale. E’ fondamentale, però, uscire da alcuni stereotipi, come viene ben esplicato dalle seguenti informazioni tratte dal sito investireinborsa.org: la definizione “giocare in borsa” è oltremodo errata, fuorviante e pericolosa per chi decide di allocare parte dei suoi risparmi sul mercato azionario. In Borsa, infatti, si investe. Si prendono dei rischi, chiaramente, ma certamente non è un un gioco d’azzardo. Nella scelta di un titolo vanno fatte due tipi di analisi: tecnica e fondamentale.
La complementarietà fra analisi tecnica e fondamentale
L’analisi tecnica si concentra sullo studio delle dinamiche dei prezzi, cercando di capire quale direzione prenderanno quest’ultimi, al fine di trarne il miglior beneficio economico possibile nelle operazioni di compravendita. Per cercare di coglierne il significato, le analisi tecniche vengono rappresentate dai grafici: lo standard, viene rappresentato su un asse bidimensionale, sul quale vengono tracciate delle linee, in cui l’asse orizzontale è rappresentato dal tempo e quello verticale il prezzo. Il tempo, in questo tipo di analisi, è un elemento fondamentale, in quanto l’andamento storico di un prezzo viene tenuto in ottima considerazione per cercare di capire gli andamenti futuri dello stesso. Non è casuale, quindi, che l’analisi tecnica faccia ricorso massiccio ad indicatori matematici e statistici.
L’analisi fondamentale, invece, differisce da quella tecnica in un aspetto assai importante: non si basa, sostanzialmente, sui grafici, e tende a prendere poco in considerazione l’andamento storico del titolo sul listino ove è quotato. In questo studio, infatti, vengono tenuti in considerazione quattro grandi aspetti: gli indicatori finanziari di un’azienda, che consentono spesso di determinare se un titolo è sopravvalutato o sottovalutato; i punti di forza o debolezza di un’impresa, in modo da capire se i primi superino i secondi e, conseguentemente, se il titolo possa avere delle buone performance future; analisi delle opportunità e della minacce, atte a comprendere se il settore dove opera l’azienda è funzionale alla crescita della redditività della stessa; i piani strategici, che ogni società quotata in borsa deve comunicare in modo trasparente su base annuale o pluriennale, spesso forieri di indicazioni utili per comprendere la futura redditività di un titolo.
Entrambe le analisi, quindi, sono strumenti efficaci ed utili per ogni risparmiatore. Privilegiarne una all’altra, costituirebbe un errore: entrambe vanno utilizzate per capire l’effettiva potenzialità di un titolo. Ed è proprio la complementarietà fra loro, grazie alle differenti caratteristiche di studio, che può fornire un utile strumento per l’investitore nella scelta di un titolo.